venerdì 29 ottobre 2010

l'ultimo disco dei mohicani

Chiunque sia appassionato di vinili, tanto per restare in tema con un mio post di qualche giorno fa, probabilmente conoscerà il negozio di dischi Backdoor di Torino, uno dei pochi a resistere al logorio della vita moderna. Uno dei soci, per chi non ne fosse a conoscenza, è Maurizio Blatto, storica firma di Rumore (fateci caso, le sue cose sono sempre le migliori), "penna felice" (op. cit.) e dotato di uno humour efficacissimo. Per un certo periodo ho anche avuto il piacere di collaborare assieme a lui alla stessa fanzine, Football Mad, interamente devota al calcio e concepita con uno spirito punk DIY che la rendeva, secondo il mio modesto parere, un gioiellino. Per quell'esperienza, Blatto regalò alcuni pezzi strepitosi, tra cui il mio preferito, ovvero "il test per scoprire che tipo di tifoso sei" o qualcosa del genere (non possiedo più il numero con quell'articolo, chissà se Internet fa il miracolo?). Risate garantite, come quelle che mi sono fatto oggi tornando a casa con il passante ferroviario e il suo nuovo libro, "L'ultimo disco dei mohicani", immedesimandomi per un istante in uno dei freak con cui pare aver quotidianamente a che fare. All'interno del libro, oltre a una collezione di deliranti richieste, tutte vere, che gli hanno fatto in negozio nel corso degli anni - le potete anche leggere qui: http://www.backdoor.torino.it/?cat=5 -, troverete proprio la storia di Backdoor, fatta di personaggi che bazzicano il negozio come Mimmo Regghe, il Quotidiano, il Frocio Reale e altri, ma anche di riflessioni spassose sul collezionismo e sulla musica in generale. Il mio regalo perfetto per Natale...

lunedì 25 ottobre 2010

black hole

A novembre uscirà una compilation prodigiosa a cura del sommo Jon Savage, "Black hole", dedicata alla scena punk californiana tra il 1977 e il 1980. Dentro troverete tutti i classici di quel periodo - se siete fan probabile li abbiate già, se no è la manna dal cielo -, da Avengers a Dils, passando per Germs, Sleepers, Bags, Screamers, Urinals, Middle Class, Fleasheaters e via di 'sto passo. Stranamente (questione di diritti?) mancano i Nuns di Jennifer Miro e Alejandro Escovedo e così aggiungo io un loro pezzo tanto per completare la faccenda. A tal proposito, io e Mox abbiamo appena registrato una puntata di No Control, il nostro programma radio quindicinale, proprio su questo disco e sulla scena in questione. Andrà in onda domani 26 ottobre su www.linearock.it alle 12 e alle 18 e anche giovedì 28 sempre alla stessa ora. Dateci un orecchio e fatemi sapere cosa ne pensate...

giovedì 21 ottobre 2010

cos'hai nella borsa?


Molti di voi lo conosceranno già, ma mi pare obbligatorio segnalare "What's in my bag?" a chi non l'avesse mai visto. Di cosa si tratta? È molto semplice: Amoeba di Los Angeles (nella foto), uno dei negozi di dischi migliori del mondo - chi ha avuto la fortuna di passarci almeno una volta capirà la mia sindrome di Stendhal ogni volta che ci sono entrato -, frequentato da emeriti sconosciuti ma, spesso, anche da celebrità, registra dei piccoli episodi di questo format semplice ma molto interessante. Il personaggio famoso di turno seleziona i dischi che si comprerà di lì a poco e poi li mostra al pubblico motivando le proprie scelte. Capita quindi di trovare Simon Le Bon e John Taylor che comprano vinili di Clash, Devo, Neu!, Patti Smith, PIL e King Crimson oppure Elijah Wood, mister Frodo in persona, che parla di Gal Costa, Raincoats e 13th Floor Elevators, e ancora Dave Grohl che seleziona solo singoli di hardcore punk. Sul sito di Amoeba (http://www.amoeba.com/whats-in-my-bag/index.html#/page1) ci sono ben 130 artisti più o meno celebri e per tutti i gusti che discutono con passione e competenza della musica che amano, molto spesso con dei bei vinili in mano: da Pink Eyes dei Fucked Up agli X, dalle Slits agli Horrors e poi Salt'n'Pepa, Dinosaur Jr., Ben Stiller, Eli Roth, Noel Gallagher, Mos Def, Afrika Bambaataa e decine di altri. Non mi viene in mente un metodo migliore per ricordare a tutti quanto è bello entrare in un negozio di dischi e perdere una giornata intera a sfogliare dischi e decidere quali comprare. Certo, se abitassi a Los Angeles e non a Milano...

ciao Ari


non ho niente di niente da dire, è scritto tutto qui sotto...

http://pitchfork.com/news/40465-rip-ari-up-of-the-slits/


lunedì 18 ottobre 2010

Il mio nome è Crass


"They said that we were trash

Well the name is Crass not Clash

They can stuff their punk credentials

Cause it's them that take the cash

They won't change nothing with their fashionable talk

Their RAR badges and their protest walk

Thousands of white men standing in a park

Objecting to racism like a candle in the dark"


Pensare a un tribunale che dirime le questioni legali dei Crass è un segno dei (brutti) tempi in cui viviamo. Un po' come quando Jello Biafra e i restanti Dead Kennedys si scannarono per anni tra avvocati e giudici. Anarchy, peace and freedom is what I want (se si eccettua la mia fetta di diritti d'autore e di soldi).


Leggete l'intervista di Vice e fatevi la vostra idea...

www.viceland.com/it/a6n8/htdocs/anarchy-and-peace-litigated-490.php?page=1

venerdì 1 ottobre 2010

stupidity

Lo sapete tutti, certe mattine sono meglio di altre anche se, per esempio, oggi piovigginava e il traffico di Milano istigava un Michael Douglas de noantri col fucile a sterminare gente a caso. A mezzogiorno però il corriere mi ha recapitato un pacco con il DVD "Oil City Confidential" (anche con la versione deluxe di "Station To Station" di David Bowie, ma è un'altra storia. La biografia di Cheetah Chrome chissà quando arriva...), documentario di Julien Temple sui Dr. Feelgood, ovvero uno dei gruppi più criminalmente sottovalutati della storia, almeno fino a qualche mese fa quando è diventato cool citarli ogni due frasi. Gente che fino al giorno prima pensava che Dr. Feelgood fosse il titolo di un disco (di merda) dei Mötley Crüe e non il gruppo di Wilko Johnson. Tant'è...
Il film non l'ho ancora visto - ogni tanto mi tocca lavorare e quindi il tempo è quello che è - ma non è mia intenzione fare una recensione, sono certo che da quel che ho letto, visto e sentito, io passerò 106 minuti di godimento estatico. Mentre firmavo la ricevuta del pacco però, mi sono ricordato, in un flashback dall'adolescenza, di quando io e mio fratello ascoltavamo il loro disco dal vivo, "Stupidity", sullo stereo in camera sua e io, seduto sul letto, azzardavo un rudimentale air drumming. Ogni volta che partiva "Roxette", mio fratello si premurava, a metà canzone, di ricordarmi che c'era un cambio di tempo, per evitare che sbagliassi. Anche a distanza di giorni o di mesi o di anni. Anzi adesso me lo riascolto, ma faccio la parte di chitarra, come quel dio di Wilko. Sì lo so che c'è il cambio di tempo...


tracce di rossetto

Nuova edizione italiana riveduta e corretta - la prima è del 1991 mi pare - per "Lipstick traces" di Greil Marcus, che racconta in maniera entusiasmante "una storia alternativa del XX secolo, attraverso le avanguardie e quello che hanno rappresentato nell'evolversi della cultura contemporanea: dal Cabaret Voltaire ai Sex Pistols". Proprio sul gruppo di Johnny Rotten, Marcus scrive alcune delle cose più interessanti e azzeccate, analizzando il fenomeno punk attraverso i quattro singoli licenziati dalla band ("Anarchy in the UK", "God Save the Queen", "Pretty Vacant" e "Holidays in the Sun"): "I Sex Pistols sono stati una proposta commerciale e una minaccia culturale, sono stati lanciati per modificare il business della musica e fare i soldi su questo cambiamento... ma Johnny Rotten cantava perché voleva cambiare il mondo! (...) Lo shock prodotto da quella musica è diventato lo shock della consapevolezza che un avvenimento tanto eclatante sia stato completamente ignorato dal business. La musica tenta di cambiare la vita; la vita va avanti; la musica viene lasciata indietro; questo è quanto". E ancora: "Considerate le rivendicazioni che faceva al mondo, un disco dei Sex Pistols avrebbe dovuto cambiare il tuo modo di prendere il treno per andare al lavoro, cioè avrebbe dovuto mettere quest'azione in rapporto con tutte le altre, e poi rimettere in discussione l'intera faccenda. Così il disco avrebbe cambiato il mondo". Vi vedo perplessi. Ma "Anarchy in the UK", una critica della società moderna in tre minuti con quell'attacco che vale intere discografie ("'Io sono l'Anticristo' sono le parole più potenti che io conosca", ricorda lo stesso autore), ha mutato anche solo per un istante il mondo circostante o tutto è restato immobile, nonostante lo sconquasso causato dalla sua pubblicazione su 45 giri e il bailamme creato dai Sex Pistols? La domanda che sta alla base del libro, ovvero "è sbagliato ritenere i Sex Pistols uno dei più grandi eventi della storia?", funge da stimolo per una disamina dei più importanti movimenti artistici e d'avanguardia del Novecento, dal Lettrismo, al Dada al Situazionismo, fino al punk (minuscolo?), e finisce per diventare strada facendo una questione oziosa e provocatoria, una non-domanda (e tenete conto che Marcus ne parla e si interroga prima del celeberrimo Filthy Lucre Tour del 1996, la reunion che ha visto i Pistols di nuovo sul palco assieme). Ascoltandoli oggi mentre scrivo queste righe, sfoderando un vinile gracchiante che non usavo da tempo immemore, mi associo entusiasticamente a Marcus nel ritenerli un avvenimento di fondamentale importanza per la storia. Loro come le decine di epigoni, quelli scarsi e quelli geniali, famosi e sconosciuti, le migliaia di punk band che prima in Uk e Stati Uniti e poi nel resto del mondo hanno contribuito a mutare il modo in cui io (ma non solo, ovviamente) prendo il treno, citando la frase di cui sopra. "Quando si ascoltano questi dischi ormai finiti tra i fondi di magazzino, sullo scaffale delle occasioni, nei negozi per collezionisti, nei mercatini delle pulci, ci si meraviglia di scoprire quanto quella musica sia bella, quanto sia ancora attuale". Appunto.