giovedì 29 luglio 2010

jet boy jet girl

La notizia la potete leggere qui (http://www.guardian.co.uk/music/2010/jul/28/plastic-bertrand-ca-plane-pour-moi), ma chiunque conosca un minimo la faccenda non credo resterà particolarmente sorpreso. Invece che dibattere su un argomento che mi pare appassionante come le istruzioni dello scaldabagno, preferisco fare un minimo di storia di uno dei pezzi più belli del punk, troppo spesso vituperato e considerato come uno scherzo - particolarmente riuscito, ma pur sempre uno scherzo.
Tutto ha inizio con "Jet boy jet girl" di Elton Motello, ovvero la versione originale di "Ca plane pour moi", un brano uscito nel novembre del 1977. Dietro al nome Elton Motello (l'avrà copiato da Elvis Costello?) c'è il musicista Alan Ward, rilocato in Belgio dopo un tour dei Paesi Bassi con la sua band, i Bastard - in cui milita un certo Brian James alla chitarra, futuro fondatore dei Damned, ma è un'altra storia. Ward si inventa questo pseudonimo per sfruttare l'onda montante del punk e della new wave e piazza un classico come "Jet boy, jet girl", un 45 giri che riceve anche un discreto successo radiofonico nonostante il testo racconti la storia di un ragazzino 15enne e della sua relazione fallimentare con un uomo più vecchio di lui. Il mitico ritornello "oooohohohho ca plane pour moi" di Plastic Bertrand che avete cantato tutti almeno una volta nella vita, nella versione originale faceva "oooohohohho he gives me head", cioè "oooohohohho lui mi fa un pompino", e capite che non è proprio la stessa cosa.
Plastic Bertrand, ai tempi di "Jet boy, jet girl" si chiama ancora Roger Jouret e suona la batteria in una gruppo punk belga, gli Hubble Bubble, che totalizzeranno in carriera due album di micidiale bellezza ma di nessun successo. È probabile che Jouret venga a conoscenza del pezzo non solo per la minima fama che precede Elton Motello, ma per la presenza durante le registrazioni di Yves Kengen, bassista dei Raxola, altra band punk locale (ma pare costruita in studio per l'occasione) con all'attivo un album incredibile e almeno un brano destinato a diventare un classico, "84 man". Al pezzo, comunque, si interessa soprattutto il produttore Lou Deprijck, che ne intravede le potenzialità e lo traduce in francese per evitare noie legate alla crudezza del testo, rendendolo innocuo e perfetto per le classifiche, e lo fa registrare agli stessi musicisti della versione originale. Arriva addirittura a pubblicare come retro "Pogo, pogo", la stessa canzone che occupava il lato B del singolo di Motello e il gioco è fatto. "Ca plane pour moi" diventa un piccolo inno di novelty punk, persino in Italia, e consegna all'immortalità il cantante (oooops...) belga, che si trasforma poco dopo in un idolo adolescenziale per le ragazzine, al ritmo di canzoni innocue come "Ping pong" e "Hula hop".
Fino a oggi avevamo pensato tutti che Plastic Bertrand, il nuovo pseudonimo "più punk del punk" di Jouret, il quale appare in copertina del suo primo singolo con una bella spilla da balia nella guancia, potesse quantomeno essere l'interprete, ora sappiamo che era solamente il ballerino e il ragazzo immagine e che lo stesso Duprijck è il vero cantante. Una storia punk...

mercoledì 28 luglio 2010

vicini vicini

Ieri è arrivata questa, una Vicini di fine anni Settanta. Prime impressioni: gran male al culo e alla schiena, leggerissima, stilosa. Datemi qualche altro giorno per provarla...

martedì 20 luglio 2010

di tutto, di più

E così succede che entro per la prima volta nella mia vita in RAI, Radio Televisione Italiana, mamma RAI, viva la RAI, quella lì insomma. Ho un appuntamento, devo presentare un paio di miei progetti a un autore di un noto programma che gentilmente ha accettato di fare due chiacchiere con me. Arrivo puntuale e mi danno un badge per entrare ma un secondo dopo mi bloccano nell'atrio: "Mandano qualcuno a prenderla, sennò si perde". Ah, bene. Dopo un attimo appare un ragazzo, è gentile, mi fa girare a destra, a sinistra, poi su, giù, dentro e fuori: sennò mi perdo. Passiamo davanti a camerini, studi, mensa, tutto in stile "palazzo del partito comunista di Bucarest". Mi sento incredibilmente a disagio e tutti quelli che incontro, pure che siamo a Milano, parlano con accento romano. Comunque sia, dopo cinque minuti di labirinti arriviamo a destinazione. Busso alla porta ed entro. Il mio contatto si alza e mi saluta calorosamente, è assieme a due altri autori, credo stiano lavorando al programma che inizierà a settembre. La stanza è buia, fumosa, arredata con dei mobili vecchi e, lungo una parete, c'è una fila di lavagne. Mi presenta gli altri due autori - vi risparmio l'immediato paragone con i tre sceneggiatori di Boris ché sarebbe quasi scontato, ma è proprio quello che penso: il primo è affabile e sovrappeso, il secondo mi stringe la mano ma torna immediatamente a scarabocchiare un foglio con un pennarello senza più degnarmi di uno sguardo. Il mio contatto spiega cosa ci faccio lì in quella stanza e poi mi passa la parola. Ho caldo, cerco di fare del mio meglio, ma non sono certo di risultare così convincente. A un certo punto taglio corto e gli dico che ho con me il CD con le puntate da mostrare e pare che i due si rianimino un poco. Passo il CD ad "affabile e sovrappeso" e lui lo inserisce nel suo vecchio pc: sul desktop ha una fotografia di Shane McGowan dei Pogues e allora tento la carta simpatia. "Ti piacciono i Pogues vedo...". "Chi? Ah, quello lì. No, il computer non è mio, me l'hanno dato in prestito".
Intanto il disco non funziona sul computer in prestito, quindi proviamo con quello del mio contatto. Faccio il giro della scrivania per inserirlo nel suo e scorgo un desktop con Papa Ratzinger e mi passa immediatamente la voglia di rigiocare la carta simpatia. Sto zitto, prego che funzioni (forse è il riflesso pavloviano di vedere il papa che mi fa pregare) e aspetto. Dopo vari tentativi, parte la prima puntata. Quattro minuti di silenzio totale. Sigla finale.
"Intanto complimenti, è davvero ben fatto, immagino lo sbattimento. Al momento però ci sono due problemi: primo, il produttore ci ha vietato qualunque spesa esterna. Secondo, lo vedo poco consono al nostro programma". Faccio sì con la testa, in fondo non mi aspettavo pacche sulle spalle e un contratto, ma gli lascio il cd lo stesso, metti che cambi idea. Mi salutano, anche il tizio degli scarabocchi: "se ti perdi uscendo dammi un colpo di telefono". Mi perdo uscendo, ma evito accuratamente di chiamarlo e finisco nell'ordine: in una sala d'aspetto piena di ragazze che aspettano per un casting, in mensa, a Rai Way e, infine, in un ufficio. Chiedo informazioni sull'uscita. "Che, non sai legge? Ce sta il cartello qua fuori". Ce sta il cartello lì fuori infatti e basta una curva per ritrovarsi all'entrata. Esco sotto un sole impietoso e caldissimo e inforco la mia bici. Torno a casa a lavorare, per oggi basta divertimento.

domenica 18 luglio 2010

low

Non mi basterebbe un libro per spiegarvi "Low". Ieri lo riascoltavo in treno, stordito dal caldo e dall'aria condizionata e dal concerto di Iggy & The Stooges della sera prima - ecco il collegamento, lui e Bowie erano i "dum dum boys" berlinesi, gli occidentali cool nella città più decadente del mondo - e riflettevo su come sia possibile scrivere, concepire, registrare un disco del genere. "Low" è il futuro, lo era nel 1977, lo è nel 2010. Non esiste nulla di paragonabile, nemmeno nella carriera dello stesso Bowie: è il primo disco della trilogia berlinese e non è stato registrato a Berlino, ma in Costa Azzurra. Quasi tutto almeno. Poi sono arrivati Eno, la facciata B strumentale che supera a destra i Kraftwerk sull'autobahn. "Sound and vision", suono e visione. Qui c'è tutto quel che serve. Eppure nessuno riesce nemmeno a imitarlo. A parte Nick Lowe, che si è inventato il colpo di genio qui sotto.


lunedì 12 luglio 2010

touch and go

La strenna dell'estate, almeno per me.
Touch And Go, prima di diventare una delle più influenti etichette indipendenti del mondo (e basterebbe ricordare Jesus Lizard, Butthole Surfers, Blonde Redhead, Slint, Big Boys, Brainiac, Necros e altri cento ugualmente importanti) era una fanzine scritta da Tesco Vee, cantante dei Meatmen, e da Dave Stimson. Fu uno dei primi esempi di stampa hardcore totalmente indipendente e do-it-yourself, in cui leggere interviste a gruppi della scena americana fatte con competenza e humour. 576 pagine in totale, tutti e 22 i numeri riprodotti con cura e lo spaccato di un momento irripetibile del punk a stelle e strisce.
Quando il corriere te lo recapita di lunedì mattina, capisci che sarà una grande settimana...

venerdì 9 luglio 2010

diari della bicicletta

In un modo o nell'altro ho sempre amato David Byrne, fin da quando ero ragazzino. A dire il vero, il primo disco dei Talking Heads non mi ha mai fatto impazzire, a parte "Psycho killer" che come facevi a non amarla? Poi però è stato un crescendo: le Polaroid di "More songs...", i primi accenni funky di "I zimbra", "Remain in light" che resta uno dei miei dieci dischi preferiti di sempre, l'album con Brian Eno, "Stop making sense" con quel vestito oversize incredibile. Ho scoperto la musica brasiliana grazie a "Beleza tropical" e che dire di "Rei momo"... Insomma, avete capito. Per cui vedere il suo nome abbinato a un libro sulla bicicletta, mia attuale passione malata, mi ha convinto a comprarlo senza stare troppo a pensarci. L'ho terminato in un attimo, tre/quattro giorni al massimo, e ve lo consiglio anche se delle bici vi frega poco. Byrne scrive molto bene e le sue disamine sulle città che ha attraversato pedalando sono meditate, intelligenti, ricche di humour, stimolanti. Proprio come i suoi dischi migliori, proprio come mi sono sempre immaginato lui, "same as it ever was". Leggetelo.

mercoledì 7 luglio 2010

gente di un certo livello

A destra, come citato nell'articolo: Iggy Pop, soprannome di James Newell Orsterberg Jr, nato nel 1947 e considerato un’icona del genere punk-rock (che poi sarebbe Osterberg ma vabbè, sarà un refuso).
A sinistra, aggiungo io: Alberto di Monaco, soprannome di Albert Alexandre Louis Pierre Grimaldi, nato nel 1958 e considerato un'icona del genere "figli di regnanti ancora scapoli".
Strana coppia, a dir poco, ma le vie dell'Iguana sono infinite!

lunedì 5 luglio 2010

anni ottanta


I 10 euro meglio spesi degli ultimi... facciamo qualche mese che mica mi ricordo più. Mobiletto per giradischi, annessi e connessi, il rack si chiamava una volta, tipo quello che avevo anni e anni fa, quando abitavo in Viale Roma a Biella. Mi fa effetto pensarci, perché quasi nessuna delle persone che frequento adesso mi conosceva in quel periodo e quindi non sa nemmeno di cosa stia parlando. Non importa, il mobiletto era il pezzo pregiato di tutto il mercatino di Bonola e me lo sono portato via io.

blu

Non volevo continuare a postare solo video di YouTube, ma il nuovo corto di Blu meritava un capitolo a parte. Ora si ricomincia anche a scrivere, promesso.

domenica 4 luglio 2010

mondo naïf

come dice uno dei ragazzi, "io e il punk siamo una cosa sola!". Chissà che fine hanno fatto gli intervistati (e quanto sarebbe bello conoscerli adesso?)...


venerdì 2 luglio 2010

giovedì 1 luglio 2010

ancora little italy


È uscita anche la quinta puntata, Italia-Corea del Sud.

dal nostro inviato canadese



Lettera a Leonardo Coen, giornalista de La Repubblica, in risposta al suo articolo "L'ultima tentazione di Como: «Vogliamo diventare svizzeri»", apparso nell'edizione del 22 giugno 2010.


Caro Signor Coen,

che triste articolo, il Suo...

Non voglio entrare nel merito della proposta del consigliere federale elvetico Signor Dominique Baettig, che mi pare esser più che altro una "boutade" (come tante del partito cui appartiene, cugino un po' più snob e meglio incravattato della squallida e cialtrona Lega Nord nostrana), né dell'entusiasmo o dell'interesse che sembra aver suscitato tra i cittadini comaschi...

Mi ha infastidito, invece, il Suo ricorso, talmente scontato da risultare scoraggiante, alla famosa citazione di Harry Lime, il personaggio interpretato da Orson Welles ne "Il terzo uomo".
Basterebbe soffermarsi un attimo a riflettere e leggiucchiare qua e là per scoprire, invece, che la Svizzera ha prodotto ben altro che "orologi a cucù": da Friedrich Glauser e Robert Walser e Friedrich Dürrenmatt a Le Corbusier e Mario Botta; da Paul Klee e Sophie Taeuber-Arp e Jean Tinguely e Félix Vallotton a Daniel Spoerri e Pipilotti Rist; da Jean-Jacques Rousseau a Johann Heinrich Pestalozzi; da Jean-Claude Goretta a Alain Tanner. Che il Dadaismo è nato a Zurigo, che la Grafica in quanto professione e disciplina è nata nella Svizzera del secondo dopoguerra (e che gli svizzeri Max Miedlinger e Adrian Frutiger, tanto per restare in tema, hanno disegnato caratteri tipografici — Helvetica e Univers — che hanno letteralmente rivoluzionato la comunicazione visiva degli ultimi sessant'anni) o ancora che in Svizzera hanno risieduto per periodi più o meno brevi Einstein, Canetti, Hesse, Chatwin, Hugo Pratt, Balthus, Lenin, Joyce...
Forse non tutti personaggi comparabili a Michelangelo o Leonardo, tanto per ritornare alla citazione del film di Carol Reed, ma certo tutt'altro che anonimi artigiani orologiai...

Che tristezza l'aver ricorso ancora una volta a stereotipi che ormai fanno venir il latte alle ginocchia, come si dice dalle mie parti (alla stessa stregua dell'altrettanto triste "mafia, pizza e mandolino" di tanti Suoi colleghi della stampa estera)...

E che barba, poi... Ma Lo sa che la famosa citazione di cui sopra l'avrò letta almeno altre decine di volte, sempre utilizzata in un qualche modo bislacco per giustificare lo straordinario genio creativo italiano — e così dimenticare o accantonare con un sorrisetto di circostanza gli "assassini (ma forse Lei voleva scrivere "assassinii", plurale di assassinio?), guerre, terrore e massacri" —, e sempre in opposizione alla sedicente noia elvetica o di tutti quegli altri paesi così tristemente calvinisti e dove dev'essere veramente atroce vivere (Danimarca? Svezia? Paesi Bassi? Chissà perché, poi, si trovano sempre in cima alle classifiche che elencano quei paesi, e le loro rispettive città, in cui la qualità della vita è la più elevata).

E invece, vuoi mettere la "joie de vivre" e la creatività italiota, la meravigliosa permessività ipocrita del cattolicesimo e della società italiana? Altro che allampanati gendarmi svizzeri con il regolamento alla mano, qui sì che ci si gode la vita: monnezza dove capita, costruzioni abusive, parcheggi selvaggi, furti, truffe, raggiri, evasione fiscale, vigili urbani che fingono di non dover aggirare centinaia di auto per scendere dal marciapiede, mentre, allegri e di buon umore, bighellonano per la città (a spese anche Sue, tra l'altro), salvo entrare repentinamente in azione per arrestare un pericolosissimo venditore africano di borse taroccate o multare la sventurata turista straniera che s'azzarda ad acquistarne una (e invece mai che si mettano le mani sugli indigeni taroccatori: viene il dubbio che forse siano considerati anche loro degli intoccabili rappresentanti del genio creativo italiano).
E poi, se proprio si finisce nei guai, il pentimento e il perdono da parte dell'ineffabile autorità ecclesiastica cattolica, e l'amnistia e il condono da parte di quella statale sono sempre a portata di mano... Caspita, ma questo è il paese di bengodi... Che gonzi, questi svizzeri... E quella loro ostinazione "demodée" a indire referendum su qualsiasi cosa, persino sulla eventualità di permettere la costruzione di altri minareti... Che noia la democrazia diretta, per fortuna invece che il sistema elettorale italiano permette a galantuomini come Berlusconi di nominare galantuomini come Dell'Utri al Parlamento senza chiedere nulla a chicchessia...

Le assicuro che in Svizzera si può benissimo vivere senza pattine ai piedi (ha mai provato? Non posso che consigliarglieLo. Vivere in Svizzera intendo: le pattine ai piedi, guarda caso, le ho sempre dovute mettere invece nelle case di qualche mamma italiana ossessionata dalla cera per pavimenti) e che i gendarmi non mi pare proprio siano in agguato alla minima infrazione, anche perché passeggiando per Zurigo, tanto per farLe un esempio, è piuttosto raro imbattersi in pattuglie di poliziotti, carabinieri, guardia della finanza, vigili urbani e alpini con tanto di fucili mitragliatori che presidiano ogni angolo di Milano o di Roma (più che dello zelante gendarme elvetico, caso mai ci si dovrebbe stupire, invece, della quantità di crimini commessa quotidianamente sotto gli occhi e il naso di così tanti sbirri e sbirretti armati fino ai denti).
Le aggiungerò che non non mi risulta sia prassi comune del gendarme svizzero massacrare di botte poveri cristi arrestati con uno spinello in tasca né giovinotti motociclisti scambiati per ultras della squadra locale di calcio né tantomeno pacifici manifestanti accampati in sacchi a pelo in una qualsiasi palestra o aula scolastica, per esempio quelle del comune di Genova...
E che le vessazioni subite dai lavoratori stranieri immigrati in Svizzera — odiose, come tutte le vessazioni d'ordine razziale, etnico, sessuale o religioso — null'hanno a che vedere con la ferocia di Rosarno o delle spedizioni punitive ai campi Rom della periferia napoletana o di quelle ai negozi gestiti da bangladesi al Pigneto di Roma...
E in quanto a offrir rifugio ai "più grandi mascalzoni del mondo" (innegabile, vero, ma forse più che ai mascalzoni la Svizzera ha sempre offerto rifugio alle loro fortune pecuniarie, molte delle quali in provenienza dal Bel Paese; il che non è certo meglio, ne convengo), mi pare quasi superfluo farLe notare che purtroppo un numero sterminato dei "più grandi mascalzoni del mondo" si trovano invece al di qua delle Alpi, anzi hanno quasi sempre gestito le sorti della "colorata e chiassosa Penisola". Magari Lei non se n'è mai accorto...

Mi sorprende ancora una volta constatare quante siano le persone che ancora si sforzano di dipingere questo paese spaventosamente sfasciato, volgare, rozzo e criminaloide (e in certe regioni, platealmente criminale) come un tutto sommato simpatico "gran bazaar italiota", questo "mondo colorato e chiassoso della Penisola".
Ci crederanno veramente? Per convinzione o disperazione?

Per concludere, vorrei chiarirLe che non sono cittadino svizzero, come Lei forse potrebbe incominciare a sospettare, anzi. Sono, purtroppo, un italiano che, dopo anni di "Milano da bere" e mazzette e bustarelle e auto parcheggiate in doppia e tripla fila e sui marciapiedi e burocrazia demenziale e borbonica e servizi sociali scadenti e biblioteche fatiscenti e stipendi da terzo mondo e affitti spaventosamente cari e merde di cane ovunque e televisioni berlusconiane e attentati e depistaggi e logge massoniche e scandali e veline e malavita e controlli d'identità quasi settimanali da parte di simpatici e baffuti carabinieri nostrani cui non piaceva la mia faccia (solo alcuni dei tanti aspetti di quel meraviglioso "bazaar" di cui Lei parla, e devo ammetterLe che non mi era d'alcun aiuto pensare a Michelangelo o Leonardo, invece che visualizzare stecche di cioccolata o pittoreschi orologi a cucù, per ritrovar la pace interiore) ha deciso di esiliarsi da vent'anni ormai in Canada (uno stato per certi versi simile alla Svizzera), un paese dove perlomeno esiste ancora una parvenza di senso civico e uno straccio d'idea di società, anche se forse Lei sarà portato a credere che qui non si faccia altro che vivere avvolti in pellicce di foca in inverno e nella foresta boreale d'estate, pagaiando allegramente su canoe e kayak sù e giù per le migliaia di laghi che ne costellano il territorio, annoiandoci languidamente e rimpiangendo (almeno nel mio caso) la straordinaria vitalità delle città italiane, dove anche pagare una bolletta della luce è un'impresa cui ci si può stoicamente dedicare per una giornata intera...

Voilà... Mi raccomando, si tenga ben stretti Michelangelo e Leonardo da Vinci e finanche "il Risorgimento"...
Se non mi sbaglio, però, credo che Welles citasse il "Rinascimento", anche perché dubito fortemente che trent'anni di dominio dei Borgia abbiano potuto dare vita al Risorgimento, ma tant'è, Lei non è il primo né l'ultimo giornalista italiano a esercitare il proprio mestiere in modo così creativo, anzi l'Italia ne ha sempre sfornati tanti (ah, questo genio italiano...), e soprattutto mai come in questi ultimi anni...

E tanto che c'è, si tenga stretti anche Berlusconi e Scajola e Bossi e Calderoli e Gasparri e Dell'Utri e Bertolaso e Veltroni e Violante e Mastella e tutti questi personaggi "colorati e chiassosi" che fanno di questo miserabile e sfortunato paese, questo "Paese senza pietà" di pasoliniana memoria, la meraviglia che tutti "ci invidiano" (compresa, forse, anche una buona fetta di quei noiosi orologiai e cioccolatieri svizzeri?).

Chissà, trent'anni di berlusconismo riusciranno forse a produrre nuovi Michelagelo e nuovi Leonardo...
Per il momento, però, mi pare che vi dobbiate accontentare della inimitabile ars poetica del ministro Bondi.

Cordialmente
F.G.