venerdì 28 gennaio 2011

lezioni di storia



Vedere il trailer di questo documentario sulla scena di Los Angeles che si preannuncia quantomeno interessante, mi ha fatto tornare alla mente l'incredibile serata in cui sono uscito a cena con i Meat Puppets. Uno di quei momenti irripetibili, frutto di strane combinazioni, come quella che aveva catapultato i tre di Phoenix nel buco del culo del mondo, ovvero un minuscolo paese del nord Italia - Valdengo, in cui si sarebbero esibiti la sera successiva in una discoteca affittata per l'occasione. Il promoter e futuro proprietario del Babylonia, Aldo, all'epoca aveva un negozio di dischi nella vicina Biella ma segretamente cominciava a cullare l'idea di aprire un locale dedicato alla musica rock dal vivo. Il primo passo fu cominciare a organizzare concerti qua e là e Dio solo sa come si trovò con i Meat Puppets tra le mani e me come accompagnatore/traduttore della band. Io? Avevo consumato i loro primi due dischi soprattutto, li consideravo uno dei gruppi più sottovalutati della SST e non vedevo l'ora di vederli dal vivo. Certo non pensavo che sarei finito a cena con loro, seduto di fianco a Cris Kirkwood, il più ciarliero dei due fratelli, e a un tizio bassotto e scuro di pelle. Dopo due ore di chiacchiere e racconti, a cui spesso partecipava anche il bassotto infilando aneddoti, mi permetto di chiedergli come si chiama: "My name is Spot". In pratica, l'uomo che ha forgiato il suono della SST, di Black Flag, Minutemen, Hüsker Dü, Meat Puppets ovviamente. Di fianco a me, la leggenda. La prima serata finisce tardissimo, con la promessa di vederci il giorno dopo: i tre, davanti a un pubblico che definire sparuto è fin troppo poco, regalano un'ora di grandissimo rock, con un paio di chicche finali: un brano tratto dal loro primo delirante EP e "Fuck You" dei Feederz come bis conclusivo. I Meat Puppets sono di fretta, ripartono direttamente dopo lo show per la prossima data, su un furgone che ha l'aria di non aver mai visto una revisione in vita sua. Resto lì a salutarli con il volantino del concerto che Cris mi ha ficcato in mano prima di abbracciarmi e salire con gli altri della band. Lo guardo e ci leggo sopra: "Stevie baby, you rocked my fuckin' world!". Anche tu Cris, anche tu...

venerdì 21 gennaio 2011

DEVO-ti



La mia passione per la band di Akron, tute gialle e cappelli a Ziqqurat compresi, non è un gran mistero, quindi un post dedicato ai Devo è quasi una consuetudine da queste parti. L'altro giorno, finalmente, mi è arrivata una copia dell'album "Devotees", uscito per la Rhino alla fine degli anni Settanta, subito dopo l'esordio dei cinque, il leggendario "Q: Are we not men? A: We are Devo!". Per celebrare quell'album, l'emittente losangelina KROQ, quella del mitico deejay Rodney Bingenheimer, si inventò un concorso per band locali, invitandole a coverizzare un pezzo di quel disco. I dodici migliori sono quelli che appaiono su "Devotees", piccolo campionario di follie che rende omaggio a un gruppo rivoluzionario: non ci troverete nessun gruppo famoso ma una manciata di geniali dilettanti che rilegge con passione alcuni episodi di "Are we not men?" in modo stravagante, lo-fi, ma quasi sempre ricco di spunti. E se i View scelgono di riproporre quasi pedissequamente "Uncontrollable urge" (così come i Doguloids con "Blockhead", unica concessione al secondo lavoro, "Duty now for the future"), i Deadliners invece stravolgono "Mongoloid" fino a farla diventare una marcetta da fiera di paese; "Jocko homo" in mano a Lonnie And The Devotions diventa un brano doo-wop, "Space junk" si trasforma in mezzo minuto di rumori e rutti con Y-22, la stupenda "Gut feeling" sembra arrangiata dai Residents invece che dai Bohonian Plimquins... Il premio come miglior cover però se lo aggiudicano i Touch Tone Tuners, i quali reinventano "Jocko homo" utilizzando solamente una voce filtrata e il rumore prodotto dai telefoni a tasti (touch tone, appunto). Puro genio! Se volete provare il brivido, ecco un link dove trovarlo (http://punknotprofit.blogspot.com/2010/04/kroq-fm-devotees-album-tribute-to-devo.html). Buon ascolto.

giovedì 20 gennaio 2011

musica elettronica?



"Secondo me dovresti ascoltare musica elettronica!".
C'è stato un periodo, nel 1977, in cui l'acquisto dei dischi era competitivo, tra me e mio fratello. I pochissimi soldi di cui disponevamo spesso venivano uniti per un disco collettivo - 500 lire per un singolo, 2500/3500 per un LP a seconda che fosse stampa italiana o estera - ma la smania del possesso cominciò presto a farsi strada nelle nostre menti bacate. Per esempio,ricordo "Everyone's a winner" dei London - un gruppo punk in cui militava Jon Moss, in seguito batterista dei Culture Club e fidanzato di Boy George - il 45 giri per cui spasimavo brutalmente: provai a ricomprarlo a mio fratello svariate volte, offrendogli ben oltre le 500 lire che era costato, e questo nonostante i nostri dischi fossero in comune sullo stesso scaffale. Era una questione di semplice possesso, come ho spiegato prima, di poter dire "è mio". Tra l'altro, ora quel 7" "è mio", ne ho comprata un'altra copia nel corso degli anni, ce l'ho pure in digitale, non si sa mai...
Io, comunque, avrei dovuto ascoltare musica elettronica, ampliare i miei orizzonti, smetterla di fissarmi col punk, le spille da balia, i vestiti stracciati, i nomi come Rotten o Vicious.
"Compra i Kraftwerk".
Senza nemmeno sapere chi fossero, mi faccio accompagnare da Valerio (avevo dieci anni, dovevo aspettare che mia mamma mi ci portasse), negozio di dischi biellese, e torno a casa con una copia di "Radioactivity". Lo metto sul piatto della fonovaligia di mio zio, l'unica in dotazione per ascoltare i vinili, e scopro che in Germania quattro signori vestiti in giacca e cravatta suonano le tastiere e delle percussioni strane e parlano di radioattività, madame Curie, ohm. È bellissimo, è la seconda rivoluzione della mia vita, dopo quella di "Anarchy in the UK". Dura pochissimo però, a causa di un particolare non proprio secondario: né io né mio fratello (lo stesso che mi aveva spinto ad ampliare gli orizzonti) conosciamo altri nomi di gruppi o artisti di quel genere. La mia collezione finisce miseramente con un totale di un LP, incrementata l'anno successivo dalla cassetta di "Trance Europe Express", sempre dei Kraftwerk, che ci regalano assieme allo stereo nuovo di zecca regalo dei nostri genitori. Nel frattempo, ho comprato il mio primo vero 33 giri punk, "(I'm) Stranded" degli australiani Saints, un capolavoro senza tempo. Mio fratello me lo invidia tantissimo e qualche volta ce lo ascoltiamo assieme dimenticando per quasi quaranta minuti chi sia il proprietario.

giovedì 13 gennaio 2011

frammenti di vita



In attesa di un'illuminazione e di qualche episodio divertente e di cui valga la pena parlare, tanto per tenere calde le dita ecco a voi un riassunto dei miei ultimi 15 giorni musicali. Era un po' di tempo che non compravo così tanti dischi, vecchi e nuovi, e il recente viaggio a Marsiglia ha contribuito anche a farmi ritornare la voglia di spulciare tra i vinili di un negozio dell'usato con una selezione che non comprenda solo Dalla, Baglioni, De Gregori, Queen, Michael Jackson e Supertramp. Ovviamente a dieci euro l'uno perché "sai, sono dischi vecchi, non li fanno più". Non li fanno più perché ne hanno venduti 30 milioni di copie e quindi anche mio nonno ne ha una in casa, dovresti essere tu a pagarmi per portare via "Breakfast in America" e "Thriller"...
Beh, tornando a Marsiglia, la spesa è stata ricca e discretamente contenuta, un centinaio di euri per una dozzina di dischi, nulla di realmente raro o incredibile ma buone copie di Roxy Music, Patti Smith Group, Iron Butterfly e Brian Eno, tanto per dire. Quanto basta per appuntarsi mentalmente gli indirizzi dei negozi e progettare un nuovo viaggio quanto prima.
Al ritorno a Milano, solito giro dai pochi spacciatori di vinile e qualche piccola chicca tipo "Rituals", 12" dei Bush Tetras e un Dream Syndicate sigillato. Oltre a Dalla, Baglioni, De Gregori, Vasco Rossi... Un giorno farò un post su quali sono i tre dischi che puntualmente non mancano da nessun rivenditore di vinili. A pensarci bene, al momento credo che nessuno batta Edoardo Bennato con la tripletta "Uffà uffà", "Sono solo canzonette" e "È arrivato un bastimento". Fra un po' ne compro una copia per sfinimento.
Per chiudere un paio di segnalazioni che faccio di cuore e gusto. La prima va alla splendida ristampa di tutto il materiale inciso dai Detonazione, gruppo di inizio ottanta di Udine, uscita per la Sometimes Records di Roma: post-punk spigoloso e con un grande sax in evidenza, cantato in italiano e una media compositiva molto alta per il periodo. Inutile ricordare che i dischi originali sono introvabili. Fatevi il favore e procuratevelo (magari anche con quello degli Starfuckers, altra pregiatissima ristampa sempre targata Sometimes). Per informazioni: www.sometimesrecords.com
L'altra segnalazione di merito va a un gruppo milanese (almeno di adozione) in cui militano un Fine Before You Came e una ex Agatha - che poi sono gli unici due che conosco personalmente direi, gli altri arrivano da Dummo e Hot Gossip - e che si chiama Verme. Lo trovate qui (http://verme666.wordpress.com), insieme a tre EP in download gratuito, tutti molto belli e consigliati. Le copertine digitali di questi dischi che non esistono (forse solo su cassetta?) sono degli omaggi ad altrettante band e album che denotano buon gusto, umorismo e lampi di genialità.
Il primo disco, "Un verme resta un verme" è un ripoff di GI dei Germs - io avrei momentaneamente chiamato il gruppo Verms e intitolato il disco "VI", Verms Incognito, ma chissenefrega direte voi. Il secondo si chiama "Vai Verme vai" e scippa la cover a "Boys don't cry" dei Cure, primo disco americano del gruppo di Robert Smith e infine l'ultimo, roba di qualche giorno fa, è "Bad Verme", con chiaro richiamo al logo dei Bad Religion. Insomma, in Italia succedono anche belle cose oltre a quelle che tutti conoscete bene.