lunedì 15 novembre 2010

canzoni che valgono una carriera pt.1


Era un po' di tempo che volevo fare un post del genere, o meglio iniziare un appuntamento settimanale con dei post a tema, dedicati, come da titolo a quelle canzoni che da sole valgono un'intera carriera. Non sto parlando necessariamente di "one hit wonders", cioè meteore che hanno fatto un pezzo famoso e poi sono scomparse, non sempre le cose coincidono. Semplicemente ci sono dei gruppi, per me quanto meno, che identifico sempre e comunque con un brano e basta, sebbene abbiano una media o lunga carriera, abbiano inciso altre cose meritevoli, dimostrando di meritarsi fama e successo. Non è un'accusa quindi, solo un modo per segnalarvi settimanalmente una serie di canzoni che dovreste a tutti i costi sentire una volta nella vita, perché di qualità eccelsa.

1- SUGARCUBES "Birthday" (1988)
Ho un ricordo confuso di loro, dal vivo a Torino, con Björk che lanciava mandarini al pubblico e sorrideva tutta contenta. Mi pare di essermi divertito molto, sicuramente di più che a Reading l'anno dopo, a mollo nel fango e con la band all'opera coi pezzi del secondo disco, decisamente meno interessanti dell'esordio.
Björk, prima dei Sugarcubes aveva cantato nei Tappi Tikarras - una new wave sbilenca e abbastanza interessante - e nei Kukl, che avevano inciso due dischi per la Crass Records, pensate un po'. Poi, d'improvviso, i Sugarcubes, prima in islandese e poi in inglese. "Birthday" anticipa l'uscita di "Life is good..." su One Little Indian ed è subito centro pieno, un pezzo così perfetto che non te lo immagineresti suonato in altro modo. Come sia diventato una piccola hit lo sanno solo gli inglesi che sono maestri nel cogliere il sublime all'interno della musica pop: sì, perché tra spigoli, strani tempi di batteria e una tromba quasi urticante, "Birthday" è pura maestria pop, altamente struggente e con un testo che rivela per la prima volta la fantasia della cantante e la sua abilità nell'evocare immagini infantili e al tempo stesso quasi sinistre e disturbanti. Prendetevi quattro minuti liberi e ascoltatela, anche in questa versione live che non rende del tutto giustizia allo splendore di quella registrata in studio (che non trovate su YouTube per questione di diritti), ma che ci arriva molto vicino.