giovedì 19 gennaio 2012

Il gusto superiore di Claudio Rocchi


Capita sempre più spesso, in questi ultimi mesi, che molti degli appuntamenti più interessanti a livello musicale (ma non solo) siano in Santeria, un locale milanese in zona Città Studi che è pure difficile da definire. Ci sono degli uffici in co-working per chi vuole affittarsi una postazione di lavoro, un bar ricco di cose buone e appetitose, una sala per le presentazioni, un negozietto di dischi e libri. È la dimostrazione che, pur anteponendo una logica culturale (anche bere una buona birra o mangiare del buon cibo è cultura, almeno per quel che mi riguarda) a una grettamente economica, si può fare concorrenza a chiunque. Che poi tra i soci ci siano anche dei cari amici non fa che aumentare il piacere di passarci le serate o i pomeriggi.
Detto ciò, ci sono stato spesso ultimamente, la scorsa settimana per presentare un documentario sul D.I.Y., "Blood, sweat and vinyl", con la partecipazione di Mark "Barney" Greenway dei Napalm Death - ho finalmente realizzato, e credo di essere stato l'ultimo, il perché del soprannome -, Nicola Manzan/Bologna Violenta e i ragazzi dell'etichetta Frohike. Ieri sera, invece, ed è il vero motivo di questo post, sono passato per assistere alla presentazione del nuovo album di Claudio Rocchi, autentico freak della musica italiana, detto con il massimo rispetto possibile. Ci sono andato senza sapere bene cosa aspettarmi (ed essere, per una volta, di gran lunga il più giovane mi ha messo di buonumore), conoscendo di lui solamente due cose, entrambe vecchissime e distanti anni luce dall'oggi: il suo secondo album, nonché classico della psichedelia folk, "Volo magico n.1", uscito nel 1971 e ancora oggi parte integrante dei miei ascolti, e "Un gusto superiore", disco inciso assieme all'amico chitarrista Paolo Tofani (ex Area) dopo la conversione Hare Krishna. Ovviamente, l'aveva portato a casa mio fratello nel pieno del suo periodo mistico - credo durato pochi giorni/mesi - e resta un oggetto misterioso di difficile interpretazione, che non sento da decenni ormai. Mi è capitato almeno una decina di volte di vederlo in giro per mercatini, ma non me la sono mai sentita di ricomprarmelo. Chissà che sia la volta buona, appena lo incrocio di nuovo...
Tornando a Rocchi, in ogni caso, la sua carriera è passata per anche per la Cramps, come ogni artista interessante degli anni Settanta viene da pensare, storica etichetta casa di Finardi, Camerini, Area, Arti & Mestieri, ma anche Kaos Rock, Skiantos e molto altro. Poi, come molti dei suoi colleghi degli anni Sessanta e Settanta, è sparito dai radar (forse solo dai miei...) pur continuando a pubblicare dischi di cui non ho grandi informazioni. L'occasione per incontrarlo di nuovo è stata dunque quella in Santeria, in cui ha suonato per un'ora materiale vecchio e, soprattutto, nuovo. A parte le pause quasi infinite tra un pezzo e l'altro, mi è sembrato in gran forma, estremamente simpatico e comunicativo, con un'attitudine psichedelica, nel senso migliore del termine, intatta. Solo e circondato da strumenti, amplificatori, candele, incensi, una lampada chiamata Kundalini (guarda te...). Eppure così magnetico, come accade a chi ha qualcosa di importante da dire.
Insomma, prima di andare a casa mi sono procurato un paio di dischi che aveva in vendita, "A fuoco" del 1977, e "In alto", quello appena uscito, di nuovo per la rediviva Cramps. Proprio stamattina in macchina, vagando per il traffico milanese, tra code, smog, nebbia e freddo polare, ho ascoltato quest'ultimo, con un effetto che definire straniante è poco. Registrato, composto e prodotto dallo stesso Rocchi, pare uscito dalla metà dei Settanta e lascia quasi sgomenti. A parte qualche sporadico intervento esterno di altri collaboratori (la grafica terribile, per esempio), il resto è tutto farina del sacco del musicista meneghino (ora rilocato in Sardegna): "quella" voce, chitarre riverberate oltre ogni misura, drum machine che, spesso, vanno per conto proprio, suoni elettronici che appaiono e scompaiono, pezzi che sfumano in modi assurdi e inaspettati. Su tutto, testi mediamente molto interessanti e mai scontati, roba di gran lusso di questi tempi in Italia, specie se si pensa alla pochezza di ciò che si sente in giro e che viene spacciata per letteratura. Dovreste davvero ascoltarvi "Alchimia", "Gesù si gira", "Eccoti qui" e "La stella da cui vieni", nella speranza di intercettare una selle rare esibizioni psichedeliche di Rocchi.