lunedì 29 ottobre 2012
A 900 miglia da casa
Ammetto con grande candore di aver passato gran parte della mia vita senza sapere nulla di lui e della sua musica e di essermi accorto della sua voce meravigliosa solamente quando ha accettato di collaborare con i Massive Attack per un brano, "Live With Me": un pezzo incredibile, l'ultimo davvero degno di nota composto dal gruppo di Bristol. L'unico lato positivo dell'averlo scoperto tardi è che, una volta tanto, mi sono trovato con un mondo intero da esplorare, dischi da recuperare, canzoni da ascoltare per la prima volta. La scelta immediata è caduta sull'esordio, "The New Folk Sound Of Terry Callier" - se si comincia da zero, meglio farlo dall'inizio, no? - e tutto il primo ascolto l'ho passato a chiedermi come fosse stato possibile non essermi mai accorto di un disco del genere. Folk quasi classico, come può esserlo nel 1964, ma cantato da uno con una voce soul che poteva rivaleggiare con quella di Curtis Mayfield, che peraltro era suo amico d'infanzia, e che era innamorato di John Coltrane. Scordatevi Bob Dylan o Joan Baez, siamo su un pianeta differente e parallelo. Uno in cui, purtroppo, girano pochi soldi e la fama tarda ad arrivare, uno su cui spesso abitano molti dei musicisti che amo. Ci volevano i Massive Attack, quindi, per regalargli scampoli di successo e, speriamo, una maggiore serenità. E se, quando ascoltate la voce di Antony, vi sembra di cogliere qualcosa di già sentito prima, provate a pensare a Callier...
Curiosamente, per non avendolo mai conosciuto o incrociato di persona, ho un aneddoto bizzarro che lo riguarda. Nel 2006, quando lavoravo a Rocksound, capitò in ufficio Greg Dulli degli Afghan Whigs per un'intervista. Non il solito domanda e risposta, ma una specie di quiz musicale che noi chiamavamo "blind test": per farla breve, si sceglieva una decina di pezzi che avessero in qualche modo attinenza col personaggio e glieli si faceva ascoltare/indovinare per poi parlarne in maniera più approfondita. Vista la grande passione di Dulli per la musica soul, decisi di mettere come brano finale proprio "Live With Me", di cui avevamo appena ricevuto il singolo promozionale. Durante i precedenti nove test, il buon Greg si limitò a sorridere compiaciuto e a indovinarli con grande semplicità, discorrendo del più e del meno, ma mancava l'ultima canzone che, ovviamente, non poteva ancora conoscere. Gli dissi di ascoltare tutto con calma, senza nessuna fretta: dopo un minuto buono si alzò dalla sedia eccitato, si accese una sigaretta (non si poteva, ma vaglielo a spiegare) e iniziò a ridere come un pazzo bofonchiando da solo, ma senza riuscire a capire chi fosse il cantante.
Alla fine, al nome Terry Callier, si illuminò come un bambino infilando una serie infinita di "fuck", si prese il cd del blind test e me lo fece firmare come ricordo della giornata, avendo cura di infilarselo nella tasca del suo cappotto. Tutto qui, direte voi? No, c'è un seguito: qualche mese più tardi, proprio Greg Dulli fece recapitare in redazione il suo nuovo EP a firma Twilight Singers, tutto composto da cover, tra cui proprio "Live With Me", in una versione spettrale e più chitarristica. Bellissima, in ogni caso.
Chissà, magari non c'entra nulla, ma mi piace pensare che il mio cd che si era fregato quel giorno abbia guidato la scelta di Greg di includere e incidere quel pezzo.
Ciao Terry, speriamo che dopo 900 miglia, per citare uno dei tuoi capolavori, tu sia finalmente arrivato a casa.
domenica 21 ottobre 2012
Volare!
Il Leonkavallo è una "non zona", congelata nel tempo e destinata a ripetere se stessa in maniera avvilente, ricordando la trama del film "Il giorno della marmotta": scegliete una qualunque serata, con concerto o senza, e il panorama che vi si presenterà sarà sempre ed inequivocabilmente lo stesso. Sala grande con nordafricani impegnati a fumare e ascoltare musica rap orrenda, casetta in mezzo al cortile con i soliti cinque sfigati coi bonghi (meglio se con i dreadlock in testa, che in fondo il reggae, Bob Marley, hai capito, no?), baretto in fondo con solitario suonatore di blues sul palchetto e odore di hashish, spazio concerti esterno vuoto e con musica a palla, intercambiabile con lo spazio concerti interno a seconda della stagione. Il primo gruppo di supporto (perché ce ne devono essere almeno due, se no che gusto c'è?) attacca poco prima di mezzanotte e suona quaranta minuti, il secondo idem, in modo che la band principale, quella per cui TUTTI sono venuti, inizi verso l'una e mezza, quando TUTTI si sono già rotti le palle e vorrebbero essere ovunque tranne che al Leonkavallo.
Ovviamente, essendo io duro di comprendonio e un inguaribile ottimista, continuo ad ostinarmi ad arrivare alle undici, nella segreta speranza che qualcosa sia cambiato e invece è sempre il giorno della marmotta, al punto che sospetto persino che il pubblico misto, quello a cui non importa di nulla in particolare se non del fumo e della birra a un euro, sia sempre lo stesso. C'è il sosia di Pirlo con lo skate sottobraccio, la compagnia dei Boateng - stesso taglio da idioti, senso dello stile inesistente, tatuaggi orridi -, il tizio col banchetto che vende pipe e bong, il nero alto due metri che passa il tempo a vagare nella sala concerti senza sosta e poi, il classico dei classici, quello che inevitabilmente si piazza di fianco a me: l'ubriaco molesto. Non importano razza, colore o religione (ieri sera era nordafricano, per esempio), servono solo cinque birre medie e il gioco è fatto. Comincia col chiederti sigarette, monete, accendino - ieri, in un momento situazionista di altissimo livello, mi ha chiesto l'età, lasciandomi senza parole! - e poi prosegue biascicando parole senza senso, iniziando dieci discorsi in cui vorrebbe coinvolgerti e, infine, cercando di abbracciarti come fossi suo fratello. Un gradino oltre la soglia di sopportazione, più o meno.
Ora, se siete arrivati fino a questo punto con la lettura, vuol dire che siete curiosi e vi interessa sapere del concerto: un'ora o poco più di Confusional Quartet, con pochissime concessioni al passato, anzi direi una sola, la leggendaria "Volare", cover destrutturata del classico di Modugno, suonata a inizio set e come unico bis. E se da un lato un po' di delusione me la sono portata a casa - che bello sarebbe stato ascoltare "Orinoco Blues", "Pensione elastica" o "Bologna rock"? - dall'altra apprezzo un gruppo che si riforma trent'anni dopo lo scioglimento e non concede quasi nulla alla nostalgia, risultando attuale, contemporaneo e con un repertorio di tutto rispetto. Riconosco qualche brano tratto da "Italia calibro X", uscito qualche mese fa, e mi ascolto in anteprima i pezzi che stanno sul nuovissimo album, ancora una volta intitolato "Confusional Quartet" e basta. L'unicità del suono è ancora intatta, nel 2012 nessuno suona come loro e le caratteristiche che ho sempre amato mi provocano brividi di piacere e mi fanno quasi venir voglia di abbracciare l'ubriaco: tastierine dementi, base ritmica devastante, chitarra che rifugge accordi e riff facili per infilare strani arpeggi, un'intensità che ci si aspetterebbe da dei ventenni in piena tempesta ormonale e non da veterani del rock nazionale. Sono di parte, lo so, ma non importa: avevamo ragione nel 1980, figurarsi oggi...
Torno a casa con vinile e cd, spero di ascoltarmelo con calma nei prossimi giorni e, a parte la copertina, che trovo davvero brutta - il paragone con quella del loro storico esordio è impietoso -, sono certo che sarà un'epifania. Bentornati.
giovedì 27 settembre 2012
Never Mind The Bollocks
Due giorni fa, il 25 settembre, è uscito il cofanetto celebrativo di "Never Mind The Bollocks, Here's The Sex Pistols", che celebra il trentacinquennale di uno dei dischi più rivoluzionari della storia del rock e, senza dubbi, uno dei più importanti della mia vita. A differenza di tanti altri, paradossalmente, non mi ricordo il momento in cui lo comprai - al contrario dei singoli "Pretty Vacant" e "God Save The Queen", di cui ho memoria -, ma da quell'ottobre del 1977 non credo sia passato anno senza che l'abbia ascoltato almeno una volta. Ho ancora la copia del disco originale, tutta rovinata da un sacco di fotografie che io e mio fratello avevamo attaccato sulla copertina, fronte e retro, e sulla busta interna (c'è pure una tenerissima scritta "fuck off" fatta a penna...), al punto che la colla era filtrata attraverso la carta rovinando un po' il vinile.
L'ho ricomprato in altre versioni, in CD, nell'edizione del cofanetto uscito qualche anno fa, in tutte le salse insomma. Lo trovo perfetto oggi come allora, senza che abbia perso quell'aria minacciosa che tanto me lo fece amare, e non vedo l'ora che mi arrivi questo imponente boxset per risentirlo. È una di quelle confezioni per feticisti all'ultimo stadio, con il disco originale, i demo inediti (chissà dov'erano), due concerti live, una versione mai pubblicata di "Belsen Was A Gas" (uno stupido pezzo di Sid Vicious), una replica del singolo di "God Save The Queen" e del testo manoscritto da Rotten, un libro con foto inedite, un DVD con parecchi filmati interessanti. Immagino che possiate tranquillamente continuare a vivere senza, ma cercate di capirmi mentre guardo la versione expanded della mia giovinezza ribelle e romantica.
Paradossale, tra l'altro, che 35 dopo io abbia incontrato per la prima volta nella mia vita John Lydon (a luglio a Milano, sotto potete vedere la mia intervista) e Glen Matlock, il primo bassista che, ai tempi dell'album, già se n'era andato dal gruppo (ad agosto, a Londra, ci sono persino dei progetti per un paio di lavori futuri). Difficile che non abbiate mai ascoltato questo disco, ma nel caso ecco una buona occasione per farlo, seppur con colpevole ritardo. Beati voi, comunque...
mercoledì 19 settembre 2012
Evidently Chickentown
Come quasi tutte le cose che mi hanno impressionato nella vita, il primo incontro con JCC risale a quando ero ragazzino: un amico mi aveva prestato una copia di "Short Circuit - Live at the Electric Circus", un 10" che celebrava le due serate finali (1 e 2 ottobre 1977) di un leggendario locale di Manchester, offrendo al contempo una panoramica di una scena cittadina che stava per diventare una delle più incredibili della storia della musica rock: all'interno di quel disco, ci stavano Joy Division (a dire il vero suonarono a nome Warsaw, ma lo cambiarono poco dopo), Fall, Buzzcocks, Drones, Steel Pulse (una delle migliori reggae band d'Inghilterra) e, infine, John Cooper Clarke, con due brevissimi pezzi. La cosa incredibile, oltre al fatto di sentire un poeta che declamava in maniera anfetaminica e punk le sue rime, era ascoltare la reazione del pubblico: urla, schiamazzi e, alla fine, applausi a scena aperta. Non una chitarra all'orizzonte, solo la sua voce e una presenza scenica incredibile: bastavano il suo fisico scheletrico, la pettinatura da Dylan degli anni Sessanta, gli occhiali neri e quella voce inconfondibile per vincere ogni resistenza.
All'epoca il mio inglese non era un granché e mi ricordo che passai ore a cercare di intercettare qualche parola che giustificasse l'eccitazione del pubblico, le risate (anche quelle di Clarke, che a un certo punto s'interrompeva e non riusciva ad andare avanti), il tripudio generale. Potete provarci anche voi, ascoltando quella versione di "I Married A Monster From Outer Space", prima di arrendervi e farvi aiutare da Google. Io, ancora oggi, non riesco a trattenermi quando JCC arriva a questo punto: "When we went walking, tentacle in hand / you could sense that the earthlings would not understand / they'd go nudge nudge when we got off the bus, saying it's extra-terrestrial - not like us / and it's bad enough with another race, but fuck me, a monster from outer space".
L'altro fulminante capolavoro si chiama "I Never See a Nipple in the Daily Express" e completa la doppietta, scatenando una curiosità per il poeta che non sarebbe mai venuta meno.
Da quel momento, John Cooper Clarke è diventato uno dei miei miti personali, quasi mai condiviso con altre persone a dire la verità, se non in anni più recenti, quando è diventato una figura leggendaria anche al di fuori di Manchester e della scena indipendente britannica. Mi ricordo di una sua intervista su Mojo, opera di Alex Turner degli Arctic Monkeys, uno dai gusti buoni evidentemente, e poi, qualche mese fa, un'altra sul Guardian, in cui JCC candidamente raccontava del suo lunghissimo periodo buio, in cui la tossicodipendenza da eroina (e, tra le altre cose, la sua relazione pericolosa con Nico, ex Velvet Underground) lo ridusse in fin di vita. Insomma, uno di quelli di cui ti aspettavi di leggere un necrologio da un momento all'altro e che invece finiscono per farcela sempre in barba alla vita sana e regolare.
E così, complice anche l'uscita del documentario di cui sopra, "Evidently... John Cooper Clarke", mi sono riascoltato in fila i suoi dischi - ne ha fatti parecchi, tutti bellissimi, spesso composti da vere e proprie canzoni su cui hanno suonato anche molti musicisti della scena di Manchester - e riguardato i vecchi filmati in rete. Impossibile non sorridere come un bambino durante "Evidently Chickentown", "Kung-fu International", "The Day My Pad Went Mad" e rincuorarsi nel vedere Johnny in buona forma durante alcune recenti esibizioni in cui viene osannato come fosse una star. In un mondo più giusto, il bardo di Salford lo sarebbe per davvero, ma che vogliamo farci...
martedì 3 aprile 2012
Stefano di dischi, lui fa la collezione
2- Qualche tempo prima, discutendo dei contenuti di una nuova rivista top secret di cui vi parlerò quando sarà il momento, avevo proposto, con grande successo, un pezzo su un album del 1977, "Diesel" di Eugenio Finardi.
3- Sull'ultimo numero di XL, quello di aprile appena uscito, scopro di avere una cosa in comune con Max Casacci (che intervista Eugenio Finardi). Per entrambi, il primo concerto in assoluto è stato del chitarrista e cantante milanese. Lui nel 1976, io tre anni più tardi.
Dopo il download immediato, la cartellina resta sul mio desktop, chiusa e pronta per l'ascolto, mi fa quasi impressione aprirla. C'è anche "Scimmia", forse il mio pezzo preferito di Finardi, e verso la fine arriva "Hold On". Più tardi prendo coraggio e la ascolto, magari riesco a capire anche io se davvero non avrebbe senso come versione di studio...
venerdì 30 marzo 2012
Figli del demonio
Dopo Genova, si cambia velocemente città, grazie a un bellissimo volume che mi ha gentilmente mandato il buon Oderso Rubini, storico protagonista della scena bolognese con le etichette Harpo's Bazaar e Italian Records e ancora in pista dopo tantissimi anni. Con la sua piccola casa editrice Sonic Press (ma anche label discografica col nome di Sonic Rocket), ha dato alle stampe un fantastico libro su cinquant'anni storia del rock a Bologna, "Largo all'avanguardia" (25€), oltre 400 pagine ricchissime di fotografie che raccontano una parabola artistica che, spiace per tutti gli altri, non ha nessun rivale in Italia. Non per nulla, la bibliografia su Bologna vanta molti volumi monotematici - e ricordo il bellissimo "Non disperdetevi" scritto proprio da Oderso con il giornalista Andrea Tinti nel 2003 -, nessuno dei quali però ha il dono della completezza come "Largo all'avanguardia". Dagli anni Sessanta in avanti, il volumone racconta le storie di tutti i protagonisti, celebri o meno, che hanno reso Bologna un possibile centro del mondo: da Beppe Maniglia e i Judas fino a Gaznevada, Confusional Quartet, Massimo Volume, Nabat, Isola Posse All Stars, Skiantos, Starfuckers, Il Parto Delle Nuvole Pesanti e tantissimi altri. Prezzo davvero popolare e ore di godimento assicurate, specialmente se, come me, avete amato in maniera viscerale la scena bolognese fin dagli anni Settanta. Voi fate come volete, io ci abbino il nuovo CD dei Confusional Quartet, "Italia Calibro X", appena uscito per Ansaldi Records e stacco telefono e computer...
E dopo due ottimi regali, ecco anche un ottimo acquisto dell'ultimo minuto, ovvero la versione italiana del libro di Barry Miles, "London Calling - La controcultura a Londra dal '45 a oggi" (EDT, 23€), in cui l'autore racconta con cognizione di causa (semplicemente se l' è vissuta quasi tutta la parabola artistica londinese, beato lui...) perché quella città resta uno dei centri focali del mondo intero, un posto in cui succede ciò che deve succedere, a qualunque livello. Lettura divertente, stimolante e che vi farà venire voglia di andarci o ritornarci prima possibile. Proprio nella capitale inglese, qualche giorno fa, sono riuscito a recuperare il libercolo a fumetti "Henry & Glenn Forever" (Cantankerous Titles, $6), gustosa presa in giro del machismo di Rollins (Henry) e Danzig (Glenn), due tra i più celebri e leggendari cantanti punk. Il sottotesto criptogay delle vignette, chiaro fin dalla copertina, è quello che ha fatto più scalpore nella comunità hardcore mondiale, ma gli Igloo Tornado, collettivo composto da quattro fumettisti, vincono la sfida grazie all'ironia che permea ogni vignetta. La recensione migliore l'ha fatta lo stesso Rollins: "Has Glenn seen this? Trust me, he would NOT be amused". Ne siamo certi, caro Henry...
giovedì 15 marzo 2012
The kid is alright
martedì 31 gennaio 2012
I 100 dischi italiani più belli di sempre per Rolling Stone (Coney Zugna Baby remix)
Adoro le liste, mi piace farle, leggerle, compararle e, chiaramente, criticarle e pensare a come le avrei compilate io. Un esercizio calligrafico, forse, ma poco importa. L'ultima che ho letto in ordine di tempo è quella dei 100 dischi italiani più belli di sempre per Rolling Stone, in edicola stamattina per festeggiare il proprio centesimo numero. Chissà perché, sfogliando la rivista ho pensato immediatamente di rifarla a mio piacimento, tenendo buono il grosso del lavoro fatto da loro e aggiungendo/togliendo dove ritenevo opportuno. Ho usato le stesse regole - un disco per ogni artista, per esempio - e ho buttato giù quasi di getto il mio remix, senza però compilare i dischi in ordine di preferenza. Il numero uno, dunque, non è il più bello o il migliore, non mi interessava fare una classifica, solo segnalare quelli che ritengo i miei 100 dischi italiani più belli di sempre.
1.CONFUSIONAL QUARTET: Confusional Quartet
2.BATTIATO, Franco: La voce del padrone
3.BATTISTI, Lucio: Don Giovanni
4.DE ANDRE’, Fabrizio: Crêuza de mä
5.RATS: C'est disco
6.CAPOSSELA, Vinicio: Ovunque proteggi
7.DIAFRAMMA: Siberia
8.CSI – CONSORZIO SUONATORI INDIPENDENTI: Linea gotica
9.AREA: Arbeit Macht Freit
10.CELENTANO, Adriano: Adriano Celentano con Giulio Libano e la sua orchestra
11.INDIGESTI: Osservati dall'inganno
12.CCCP FEDELI ALLA LINEA: 1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi del conseguimento della maggiore età
13.BENNATO, Edoardo: I buoni e i cattivi
14.GAETANO, Rino: Mio fratello è figlio unico
15.ELIO E LE STORIE TESE: Italyan, rum casusu ciktyi
16.RAW POWER: Screams from the gutter
17.DANIELE, Pino: Nero a metà
18.MASSIMO VOLUME: Stanze
19.VERDENA: WoW
20.NOT MOVING: Sinnerman
21.LE STELLE DI MARIO SCHIFANO: Dedicato a...
22.TENCO, Luigi: Luigi Tenco
23.OFFLAGA DISCO PAX: Socialismo tascabile
24.BERTE’, Loredana: Traslocando
25.SANGUE MISTO: SxM
26.EQUIPE 84: Stereoequipe
27.FINARDI, Eugenio: Sugo
28.ROSEMARY'S BABY: Love songs
29.NADA: Luna in piena
30.IL TEATRO DEGLI ORRORI: Dell'impero delle tenebre
31.BLACK BOX: Dreamland
32.ROCCHI, Claudio: Volo magico n.1
33.TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI: La testa indipendente
34.CASINO ROYALE: Sempre più vicini
35.ZERO, Renato: Zerofobia
36.ALMAMEGRETTA: Sanacore
37.CAPUTO, Sergio: Un sabato italiano
38.RITMO TRIBALE: Kriminale
39.FRANKIE Hi-NRG: La morte dei miracoli
40.DALLA, Lucio: Lucio Dalla
41.AFTERHOURS: Hai paura del buio?
42.GAZNEVADA: Sick Soundtrack
43.LINEA 77: Horror vacui
44.PFM: Storia di un minuto
45.FAUST’O: Poco zucchero
46.F:A.R.: Presto i topi verranno a cercarci
47.FABRI FIBRA: Mr. Simpatia
48.GABER, Giorgio: Far finta di essere sani
49.DETONAZIONE: Sorvegliare e punire 1983-1984
50.I CORVI: Ragazzo di strada
51.LE ORME: Ad gloriam
52.SORRENTI, Alan: Aria
53.ONE DIMENSIONAL MAN: You kill me
54.DECIBEL: Vivo da re
55.GARBO: A Berlino… va bene
56.AUTORI VARI: Rock ’80
57.AUTORI VARI: Gathered
58.POOH: Per quelli come noi
59.GOBLIN: Profondo rosso
60.KINA: Se ho vinto, se ho perso
61.GRAZIANI, Ivan: Pigro
62.CAMERINI, Alberto: Cenerentola e il pane quotidiano
63.CATTANEO IVAN: Primo, secondo, frutta (IVAn compreso)
64.BALLETTO DI BRONZO: Sirio 2222
65.CHRISMA: Chinese Restaurant
66.SKIANTOS: MONOtono
67.LOLLI, Claudio: Ho visto anche degli zingari felici
68.MARLENE KUNTZ: Il vile
69.NEGAZIONE: Lo spirito continua
70.ARTISTI VARI: The Great Complotto
71.DENOVO: Unicanisai
72.MATIA BAZAR: Tango
73.FRANTI: Il giardino delle quindici pietre
74.PANKOW: Freiheit fuer die sklaven
75.BISCA: S.D.S.
76.DISCIPLINATHA: Un mondo nuovo
77.STARFUCKERS Infrantumi
78.GIUDA: Racey Roller
79.FORTIS, Alberto: Alberto Fortis
80.STORMY SIX: Un biglietto del tram
81.BIGLIETTO PER L’INFERNO: Biglietto per l’inferno
82.LITFIBA: 17 re
83.SQUALLOR: Pompa
84.PERTURBAZIONE: In circolo
85.GANG, THE: Barricada Rumble Beat
86.CIAMPI, Piero: Io e te abbiamo perso la bussola
87.BANCO DEL MUTUO SOCCORSO: Darwin!
88.AFRICA UNITE: Un sole che brucia
89.BIANCHI, Maurizio: Symphony For A Genocide
90.JANNACCI, Enzo: Quelli che…
91.OSANNA: Palepoli
92.DEATH SS: The Story of Death SS (1977-1984)
93.ZU: Igneo
94.ARDECORE: Ardecore
95.NEFFA E I MESSAGGERI DELLA DOPA: Neffa E I Messaggeri Della Dopa
96.DE GREGORI, Francesco: Rimmel
97.I REFUSE IT: Cronache del videotopo
98.NAPOLI CENTRALE: Napoli Centrale
99.NEON: Rituals
100.FLUXUS: Non esistere
giovedì 19 gennaio 2012
Il gusto superiore di Claudio Rocchi
Capita sempre più spesso, in questi ultimi mesi, che molti degli appuntamenti più interessanti a livello musicale (ma non solo) siano in Santeria, un locale milanese in zona Città Studi che è pure difficile da definire. Ci sono degli uffici in co-working per chi vuole affittarsi una postazione di lavoro, un bar ricco di cose buone e appetitose, una sala per le presentazioni, un negozietto di dischi e libri. È la dimostrazione che, pur anteponendo una logica culturale (anche bere una buona birra o mangiare del buon cibo è cultura, almeno per quel che mi riguarda) a una grettamente economica, si può fare concorrenza a chiunque. Che poi tra i soci ci siano anche dei cari amici non fa che aumentare il piacere di passarci le serate o i pomeriggi.