martedì 20 luglio 2010

di tutto, di più

E così succede che entro per la prima volta nella mia vita in RAI, Radio Televisione Italiana, mamma RAI, viva la RAI, quella lì insomma. Ho un appuntamento, devo presentare un paio di miei progetti a un autore di un noto programma che gentilmente ha accettato di fare due chiacchiere con me. Arrivo puntuale e mi danno un badge per entrare ma un secondo dopo mi bloccano nell'atrio: "Mandano qualcuno a prenderla, sennò si perde". Ah, bene. Dopo un attimo appare un ragazzo, è gentile, mi fa girare a destra, a sinistra, poi su, giù, dentro e fuori: sennò mi perdo. Passiamo davanti a camerini, studi, mensa, tutto in stile "palazzo del partito comunista di Bucarest". Mi sento incredibilmente a disagio e tutti quelli che incontro, pure che siamo a Milano, parlano con accento romano. Comunque sia, dopo cinque minuti di labirinti arriviamo a destinazione. Busso alla porta ed entro. Il mio contatto si alza e mi saluta calorosamente, è assieme a due altri autori, credo stiano lavorando al programma che inizierà a settembre. La stanza è buia, fumosa, arredata con dei mobili vecchi e, lungo una parete, c'è una fila di lavagne. Mi presenta gli altri due autori - vi risparmio l'immediato paragone con i tre sceneggiatori di Boris ché sarebbe quasi scontato, ma è proprio quello che penso: il primo è affabile e sovrappeso, il secondo mi stringe la mano ma torna immediatamente a scarabocchiare un foglio con un pennarello senza più degnarmi di uno sguardo. Il mio contatto spiega cosa ci faccio lì in quella stanza e poi mi passa la parola. Ho caldo, cerco di fare del mio meglio, ma non sono certo di risultare così convincente. A un certo punto taglio corto e gli dico che ho con me il CD con le puntate da mostrare e pare che i due si rianimino un poco. Passo il CD ad "affabile e sovrappeso" e lui lo inserisce nel suo vecchio pc: sul desktop ha una fotografia di Shane McGowan dei Pogues e allora tento la carta simpatia. "Ti piacciono i Pogues vedo...". "Chi? Ah, quello lì. No, il computer non è mio, me l'hanno dato in prestito".
Intanto il disco non funziona sul computer in prestito, quindi proviamo con quello del mio contatto. Faccio il giro della scrivania per inserirlo nel suo e scorgo un desktop con Papa Ratzinger e mi passa immediatamente la voglia di rigiocare la carta simpatia. Sto zitto, prego che funzioni (forse è il riflesso pavloviano di vedere il papa che mi fa pregare) e aspetto. Dopo vari tentativi, parte la prima puntata. Quattro minuti di silenzio totale. Sigla finale.
"Intanto complimenti, è davvero ben fatto, immagino lo sbattimento. Al momento però ci sono due problemi: primo, il produttore ci ha vietato qualunque spesa esterna. Secondo, lo vedo poco consono al nostro programma". Faccio sì con la testa, in fondo non mi aspettavo pacche sulle spalle e un contratto, ma gli lascio il cd lo stesso, metti che cambi idea. Mi salutano, anche il tizio degli scarabocchi: "se ti perdi uscendo dammi un colpo di telefono". Mi perdo uscendo, ma evito accuratamente di chiamarlo e finisco nell'ordine: in una sala d'aspetto piena di ragazze che aspettano per un casting, in mensa, a Rai Way e, infine, in un ufficio. Chiedo informazioni sull'uscita. "Che, non sai legge? Ce sta il cartello qua fuori". Ce sta il cartello lì fuori infatti e basta una curva per ritrovarsi all'entrata. Esco sotto un sole impietoso e caldissimo e inforco la mia bici. Torno a casa a lavorare, per oggi basta divertimento.